CASTELSANTANGELO SUL NERA

Per il Comune di Castelsantangelo sul Nera, F. C. di anni 79 racconta: “…Si piantava anche l’uva quassù. Abbiamo sfasciato una botte da sei quintali. C’era una vigna che stava sotto la chiesa e ci veniva il vino migliore perché era da sole. Dalla Toscana portarono una qualità d’uva che il vino veniva frizzantino. Si piantava soprattutto l’uva “vissanello”, poi il “zibibbo”, l’uva “pizzuta”, quella nera… Si coltivava anche la canapa. Se ne lasciava un pezzetto per il seme e da ragazzo ci andavo a prendere gli uccelletti con la fionda. La canapa non si metteva a macerare, ma si faceva solo seccare poi si passava sulla macenga… che gli levava l’anima legnosa. Anche mia moglie c’ha fatto le lenzuola.
Sui pezzi di terreno più buoni si facevano le canapine, dove non c’erano molti sassi… Il “nocchio” era il più buono e con il “pinicchio” ci facevano i sacchi e le corde…”
C. G. di anni 50: “…si coltivava la canapa sotto la fonte vecchia… si piantavano la roveia, il farro, la cicerchia, i mochi… La mela roscetta…”
S. U. di anni 84: “…Qui nella zona coltivavamo un po’ di grano, il moco per i piccioni, la lenticchia e la roveglia… Qui era tutta una vigna… La varietà di uva era la vissanella… Il vino qui era agro e lo
facevamo crudo e cotto… Facevamo anche l’acquarello per le castagne ma questo, se era buono, durava pochi giorni (altrimenti nemmeno quelli)… Quando pestavi l’uva poi le cortecce le buttavi nell’acqua che
si addolciva un po’ ma era acqua. Un po’ torbida e un po’ dolcetta ma acqua…”
M. M. di anni 100: “…Qui si coltivavano il grano, il granturco,le patate… Il farro si metteva sulla montagna a San Lorenzo… Anchela lenticchia si metteva nella zona della Cona..Anche la canapa si metteva. Quando che era maturata la “macingolavano con un attrezzo che la sfibrava tutta. Poi facevano tutti mazzetti, i “pinicchi”. Poi c’era un pettine apposta che gli portava via tutti quei pezzetti di legno che noi chiamavamo i “cannucci”. Da qui veniva fuori il “nocchio” che ci si facevano le lenzuola, le camice, tutto. Ad ammollare si portava al fosso, oppure la lasciavano fuori a prendere la “guazza” che mangia il colore e la fa diventare bianca. Questo si faceva dopo che era stata battuta con la macingola… Qui in fondo alla strada ci sono dei campi chiamati le “canepine” perchè li’ si metteva la canapa. Era la terra più fertile e ognuno si coltivava il suo pezzo… La canapa poi bisognava filarla con la conocchia e il fuso. Le donne per farsi venire la saliva per filare mangiavano le “schiance” che chiamavano “paccarelle”… Erano delle mele selvatiche che noi chiamavamo schiance. Le donne facevano le paccarelle e le mettevano a seccare alla finestra. Quando dovevano filare se ne mettevano in bocca una e veniva la saliva… I fagioli c’erano quelli che chiamavamo della regina che sarebbero i borlotti… C’erano pure quelli dall’occhio nero…”
M. A. di anni 89: “…Si coltivava il grano, la lenticchia, la veccia, la roveglia che è come i piselli; anche il farro si metteva ma poco… La veccia si macinava per le bestie… Il grano andavamo a macinarlo a Castello dove c’era un mulino… Un mulino stava anche a Nocelleto e pure a Valleinfante… Il farro si seminava poco perché per il farro ci vuole la terra buona… Anche la canapa si coltivava li’ dove c’era la fontana vecchia presso le prime case di Gualdo… Li’ c’erano alcuni appezzamenti di terra dove si metteva la canapa perché c’era l’acqua… Qui però non si poteva macerare perché non c’era il posto e infatti la nostra canapa era scura perché non era bagnata… Per essere bianca la canapa deve stare nell’acqua… La lasciavamo seccare nel campo e poi si batteva con la macingola… Poi le vecchie la filavano col fuso e la conocchia…”

MONTECAVALLO
Per il Comune di Montecavallo, R.N. Le varietà di mele antiche erano: mele rigate, mele rose e le mele campanelle. L.M. mia madre metteva la canapa e per macerarla si metteva sotto la neve. Si piantava sotto a casa nostra in località Canepina e giù la Valle dove stava il laghetto .
R.V. dove stava il pozzo c’erano delle vasche, noi ci mettevamo a macerare la canapa e ci spegnevamo la calce

PIEVEBOVIGLIANA
Per il Comune di Pievebovigliana, C. C. di anni 85: “…La “crocetta” è un tipo di fieno, di foraggio e c’è quella “quarantina” che si falciava due volte e la “nostrana” una volta sola, ma serviva per il seme…
Si piantava il grano “romanella”… Si piantava anche la biada e l’orzetta. La “crocetta” si spulava con la “spularola” e si vendeva il seme…”.
P. N. di anni 77: “…A S. Maria Maddalena ci coltivavamo il grano romanella, l’orzo, la biada per gli animali, il “moco” per gli animali, ma non per i maiali. Anche la “roveglia” e la “crocetta”… la crocetta serviva per il fieno e una parte si lasciava il seme… Qua si piantava anche la canapa, ce l’avevamo tutti, anche il lino. A bagnare si portava giù al fosso Fontinelle… Si mettevano tutti e due ed il lino era pregiato per il seme che bolliti serviva per guarire lo stomaco delle bestie, ma anche per fare gli impiastri di semi di lino per le persone contro la tosse, il raffreddore e la febbre… Io mi ricordo che quando la falciavi ti faceva venire sonno…”.

SERRAVALE DI CHIENTI
Per il Comune di Serravalle di Chienti, E. T. di anni 77 racconta: “…La varietà di uva che si coltivava in questa zona il nome era il “vissanello” che io ce ne ho una vite che ancora fa l’uva…”.
M. A. di anni 8: “…Prima si coltivava e ora non si coltiva più la vigna, l’uva. Non si coltiva più sono tanti anni. Io ricordo quando ero giovane e stavo ancora da mamma, avevamo un pezzo di terra dove c’era
la vigna, c’erano gli “alberi” e facevamo 20-25 quintali di vino. Per fare il vino avevamo le canale: l’uva si “pistava” la’ dentro poi si metteva dentro le botti di legno. il vino era crudo: fermentava nelle botti fino a
gennaio. IL vino cotto lo facevano verso Caldarola: qui non c’era la tradizione… Addietro mettevano la canapa: fino a 1800 metri e ci veniva bella. Nella terra migliore ci mettevano la canapa che serviva per fare i vestiti… C’era la mela ranetta, che era quella che veniva più grande; poi c’era la mela ruzza, che veniva piccola. Di questa ancora c’è qualche pianta. L’uva era di varietà “vissanello”. Qualche vite ancora c’è che è rimasta selvatica vicino a una fratta, ai cespugli di spine. È rimasta li’ e campa da sola… Le ciliegie c’erano quelle piccole che vengono da sole e poi c’era la ciliegia grugnola si chiamava. La pianta ancora c’è ma le ciliegie fanno il verme perché non sono curate…”.

USSITA
Per il Comune di Ussita, A. P. di anni 92 racconta: “…Le varietà d’uva che si coltivavano erano la vissanella, lo “scrocchio”…”.
M. R. di anni 62: “…Anticamente qui si coltivava il grano, la lentichia, il farro, la canapa, l’orzo per farci il caffè. La canapa si metteva nei pezzi di terra più buoni che si chiamavano le canepine. non mi ricordo come si faceva per macerarla ma mi ricordo che per batterla si usava “lu macingolo” che era come una “trocca di legno” che ci mettevano la canapa dentro poi con un altro pezzo di legno la battevano…”.

VISSO
Per il Comune di Visso, F. A. di anni 92 racconta: “…Si piantava l’orzo, l’avena, il grano di diversi tipi come il frasineto, quello baffuto chiamato la reatina, ma io non l’ho seminato perché facevo il muratore. Il grano lo portavano qui e poi con la trebbiatrice lo lavoravano…”.
F. M. di anni 81: “…Prima i campi che si vedono erano tutte vigne e c’era il Vissanello, il Pecorino che era piccolo e aspro e ci facevano il vino “l’Aspretto di Vallopa”. Il Pecorino si metteva dappertutto, noi gli
dicevamo “una piantata”, si potava un albero d’oppio, veniva ripulito e poi ci si piegavano i rami; prima di settembre-ottobre non maturava, per noi Vissanello o Pecorino è la stessa cosa. C’era qualche vite di uva
nera. Di vino cotto se ne faceva poco… A Cardosa si piantava il grano, l’orzetta… La roveglia l’abbiamo seminata a Cardosa. da ragazzi andavamo a rubarla per mangiarla fresca come i piselli… La canapa si metteva e ogni famiglia aveva una canapina, non si coltivava sulla montagna ma sempre in questi pezzi di terreno medio bassi. Si piantava, si raccoglieva, poi si facevano tutti mazzi, si metteva a bagno dentro una pozza o nel fiume e poi si stendeva al sole dopo si passava nella macingola e si pettinava…”
M. D. di anni 94: “…La canapa si metteva solo nell’orticello di casa, si faceva seccare e si filava… Facevamo il vino con un tipo d’uva molto piccola che se non sbaglio si chiamava Pecorina, c’era lo “sibito” (zibibbo?) che era un’uva da pasto e poi sempre da pasto c’era l’uva nera…”.

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