ARCHIVIO ANTHROPOS

Narrazione raccolta nel Comune di Venarotta: La lavorazione della canapa.

“La canapa si carpiva a mano, si facevano i fasci e si mettevano ad asciugare in modo che, quando si asciugavano, cadevano le foglie e i semi. Quando era pronta e secca si tagliavano le radici su un ceppo di legno e si portavano i fasci ad ammollare nel “vurgo” dove rimanevano per otto giorni circa.

Dopodiché si facevano asciugare e si portavano a casa. Qui erano schiacciati con la “macingola” e puliti con la “cioccola”. Quando era stata ben pulita dal legno ed era rimasta solo la fibra, la canapa si metteva ad asciugare con una corda. Dopodiché veniva il canapino con i pettini per pettinarla. I pettini erano due: uno più grande, “il pettine”, e la “pettinella” per raffinarla.

Si ottenevano tre diverse qualità: il “nocchio“, la più pregiata e fine; il “tuoppe” quella più grossolana; la “rascelenia” che era una via di mezzo.

Poi si usavano la “conocchia” e il “fuso” per filare; il “naspo” per fare le “fezze”. Le fezze (mannelle) si devono poi cuocere si mettevano in un caldaio uno strato di cenere e uno di fezze e si versava acqua bollente. Infine si passava alla tessitura.”

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